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Panteon è una rivista di architettura semestrale che si occupa di opere architettoniche, note e meno note, costruite a Roma all’interno del GRA tra il 1911 e il 1989.

L’idea è germinata tra le mura dello studio WAR (Warehouse Architecture and Research) di Roma, la cui essenza si trova a metà strada tra il concetto di studio di architettura e uno spazio indipendente di ricerca nella pratica contemporanea, estremamente legato alla cultura romana e alle sue università: teoria accanto alla pratica, dialogo prima del progetto. Da qui il magazine ha preso forma e si è sviluppato attraverso il lavoro corale portato avanti dalla redazione che si è allargata coinvolgendo altri professionisti, tutti trentenni: ricercatori, progettisti, fotografi indipendenti che hanno sposato l’iniziativa, per nulla interessata a rinchiudersi dentro torri d’avorio disciplinari.

L’editoria non è la nostra principale professione anche se la riteniamo a tutti gli effetti parallela alla ricerca e alla pratica svolta dallo studio WAR e da tutti i membri della redazione.

 Ciò che ci ha uniti fin da subito è stata la constatazione paradossale che di questa Roma si parli poco, soprattutto nelle aule universitarie che abbiamo frequentato, e che troppo spesso preferiscono rivolgere lo sguardo altrove nella costruzione di un bagaglio di riferimenti. Diverse sono le iniziative di ricerca indipendente portate avanti da giovani studi e collettivi di architettura nostri coetanei, ma pochi di questi hanno optato per un progetto apparentemente anacronistico come può essere un formato esclusivamente cartaceo, ingombrante e dal sapore novecentesco (su questo ironizza il numero zero, dedicando a questo tema — l’anacronismo — la prima uscita che ha visto la luce nella primavera del 2019).

Senza voler contrapporre una qualsiasi divulgazione digitale alla fruizione ponderata che richiede un cartaceo fuori formato, certo è che la scelta del medium si pone come precisa dichiarazione di intenti. Perché si sedimentino i contenuti è necessaria una scelta: ritagliarsi uno spazio, salvaguardare del tempo.

Nessuno dei membri della redazione ha mai pensato al fondare una rivista come un fine da perseguire, eppure ci è venuto spontaneo inserirci in una tradizione, anche romana, verso la quale ci sentiamo grati, ed in un certo senso eredi. L'editoria indipendente d’architettura è stata, a partire dagli anni Sessanta, uno strumento tipico attraverso il quale gli architetti, soprattutto europei e nordamericani, discussero di teoria e critica dell’architettura, in controtendenza rispetto al mondo delle riviste sostenute da importanti aziende. Nonostante la vita breve e l’irregolarità delle loro uscite, riuscirono a cambiare il modo di pensare l’architettura, riportando l’accento sulla ricerca.

La volontà di sviluppare un progetto editoriale è nata con la constatazione che l’architettura non riveste un ruolo centrale all'interno del dibattito istituzionale e programmatico della città, non rappresenta per il cittadino una risorsa da cui attingere per il miglioramento delle numerose criticità vissute quotidiana- mente, in sostanza risulta spogliata di quelle che dovrebbero essere le sue prerogative culturali e sociali. Il principale obiettivo che ci siamo prefissi è l'innesco di un meccanismo circolare virtuoso che partendo dalla divulgazione, possa alimentare il dibattito sulla città di Roma e generare nuova ricerca, che a sua volta possa essere divulgata, e via dicendo, in un circuito aperto a contaminazioni e sempre vitale. Riteniamo il nostro un unicum nel panorama editoriale contemporaneo, con un certo sarcasmo ci raccontiamo come fosse dai tempi di Eupalino di Portoghesi & Co. che non si editasse una rivista d’architettura così ambiziosa eppur velleitaria. Uno strumento prezioso per scoprire o avvicinarsi nuovamente a luoghi e storie di architetture, di umane vicende, altrimenti sommerse. Per la bellezza grande ed inesauribile di Roma.

Alcuni di noi hanno fatto parte della redazione di Polinice, un web magazine interdisciplinare che offriva quotidianamente contributi tematici divisi in sette macroaree, portate avanti dalla collaborazione di personalità diverse per formazione ed ideali. Nello specifico, Jacopo Costanzo, responsabile editoriale di Panteon, e Iacopo Benincampi, membro del board editoriale, contribuivano periodicamente alla pubblicazione di approfondimenti di architettura come membri della redazione. Emiliano Zandri collabora come editor per Zero.eu.

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Panteon nasce da una premessa, proseguire una storia interrotta: il problema non risiede solamente nella qualità della produzione architettonica, più o meno fervida, ma anche nella narrazione che se ne fa. O meglio nella mancata narrazione. Dare voce ad architetture spesso dimenticate, poco conosciute, ancor peggio anestetizzate in sbrigativi elenchi dentro guide compilative, è in qualche misura consentire che vengano tramandate. Parafrasando una bellissima poesia di Mariangela Gualtieri, è permettere che i nostri Maestri Immensi continuino a ragionare in noi. E riteniamo che per far fronte alle criticità della Roma contemporanea non sia necessario, o quantomeno sufficiente, rivolgere lo sguardo troppo lontano, oltralpe o oltre l’oceano: molte delle risposte, o meglio degli stimoli per fornire delle risposte coerenti e vitali, possono essere rintracciate nella città che viviamo quotidianamente.

Il progetto ha preso forma con il suo tratto distintivo che è la chiarezza del perimetro d’azione: tratta esclusivamente di edifici della capitale, tutti realizzati tra il 1911 e il 1989 all’interno del GRA, cinta muraria contemporanea. A dispetto della suddetta cornice, diremmo antologica, Panteon vuole essere una piattaforma di dibattito e, pur nella sua veste analogica, mira, attraverso il meccanismo della call for papers che struttura interamente ogni numero, ad innescare una virtuosa chiamata alle armi secondo una logica che può essere definita open source. I temi individuati sono possibili piste da battere, arbitrarie e discutibili; utili per indagare dei modelli matrice per la città di Roma, più in generale per la disciplina architettonica. Sono custodi di alcuni caratteri irriducibili, raccontati per mezzo di architetture eccellenti. Lungo i sei mesi di gestazione preliminare, il tema del numero in uscita diviene il re della scacchiera edi- toriale, viviamo una sorta di ritualità laica. L’obiettivo diviene quindi la definizione di una tematica, che sia caratteristica della città di Roma, ma che al contempo garantisca una pluralità di interpretazioni non riconducibili in maniera forzata a questa o quella scuola, corrente o approccio.

Sfruttiamo l’editoriale, scritto da membri della redazione, per fornire la nostra visione: saranno poi i successivi quattro articoli, valutati e selezionati dal board, a definire diverse interpretazioni, rendendo ogni nu- mero di Panteon un palinsesto di possibili visioni in sé concluso. I contenuti sono affiancati dal progetto fotografico monografico di un fotografo sul tema del numero, rendendo il prodotto accessibile ad ap- passionati di fotografia e non necessariamente addetti ai lavori. L’auspicio è, in definitiva, quello di invogliare architetti e non ad attivare una propria ricerca dentro la città, ad interagire personalmente con le architetture disvelate e, per ampliare il più possibile il numero di potenziali lettori, gli articoli sono scritti in italiano e inglese.

La nascita di Panteon ha richiesto una buona dose di incoscienza, necessaria per salpare verso un pro- getto complesso, economicamente autolesionista. La rivista è autoprodotta ed è stata unascelta forte- mente voluta e portata avanti con grande determinazione: richiede devozione in termini di tempo ed energie impiegate, le quali vengono ripagate con il raro privilegio dell’indipendenza su scelte editoriali e contenuti. Non nascondiamo di aver parlato del progetto con diverse case editrici prima di lanciarci in questa avventura, abbiamo rifiutato proposte che ci chiedevano di adeguarci a layout preconfezionati o modificare il formato “scomodo” per renderlo più maneggevole. Richieste comprensibili in un momento di crisi diffusa nel campo dell’editoria, ma che avrebbero stravolto e compromesso il nostro prodotto. Abbiamo preferito rimanere fedeli alla nostra “folle idea”.

I riscontri positivi ottenuti con Panteon #0: anacronismo, e la vincita del Premio Creature 2019 (promosso dall’associazione OPEN CITY ROMA su iniziativa di Roma Capitale - Assessorato alla Crescita

Culturale in collaborazione con SIAE) ci hanno dato nuova linfa per Panteon #1: billboards, rendendoci ottimisti anche per il futuro.
Durante la fase progettuale di #2: acquedotti, abbiamo aperto spazi advertising all’interno della rivista, novità che ci ha fornito ulteriore linfa per la sostenibilità del progetto editoriale, che vuole mantenere il prezzo accessibile a tutti. Consapevoli che, in Italia e non solo e per una serie di motivi, non è semplice stare in piedi con la semplice vendita del cartaceo, continueremo ad accogliere sponsorizzazioni esterne, parallelamente alla ricerca di finanziamenti per lo sviluppo di progetti di ricerca in campo architettonico ed editoriale (fondazioni, università, istituzioni). Tutto investito per la creazione del prodotto Panteon: dai contributi esterni, alla stampa, alla distribuzione.

Abbiamo attivi i principali canali social e fin dalla gestazione di Panteon abbiamo diffuso il progetto at- traverso le Panteon Talks, una serie di eventi di presentazione che ci hanno visti ospiti in alcune delle più importanti istituzioni di Roma, creando punti di incontro e relazioni oltre i confini disciplinari dell’architet- tura.

Ulteriore diffusione del progetto è stata fornita dalla vincita del Premio Creature nel 2019 e del Premio New Generations nel 2020. Inoltre, e non ultimo, siamo sempre interessati a creare sinergie con altre realtà a noi care: in questo nuovo anno abbiamo in cantiere collaborazioni con un evento d’arte con- temporanea e un festival musicale, Covid permettendo. Purtroppo, come tutti sappiamo, l’anno appena passato è stato particolarmente proibitivo per la distribuzione di cultura, in primis ne hanno risentito le varie fiere di editoria che avevamo in programma, ma siamo fiduciosi che gli eventi dedicati all’editoria possano riprendere presto, meglio di prima.